Quanto si profonde la nostra

passione, anche dopo essersi

naufragata, ancora ci anima,

ancora reclama questo gioco

di perdizione. Ma io ti resto

mare aperto, e tu resti scogliera,

angelo appuntito senza vela.

 

E se ti immergi in acqua,

mi faccio pangea.

E se vuoti l’oceano, ti piango

da fare marea.

 

Lontano dalla tua veste.

È qui che devo morire.

Dove imparasti a farti celeste.

 

 

Ancora mi chiedi dove ho riposto

la mia tenerezza, madre.

Si è frantumata quando hai smesso

di deflettere questa pena e il tuo

carico si è fatto mio e lì è restato

inesauribile dentro la carne.

 

E dove ti ho cercata

se non in ogni altro amore.

 

Lì dove ti insinuavi e inoculavi

vita, restano labbra corrose

e l’infelice estratto delle tue sembianze.

 

Non fu ultimo il tuo travaglio:

Bacia in silenzio le guance di Niobe.

 

Ganimede

 

 

L’amore non conosce lutto

nel nostro alfabeto,

I corpi smagriti restano in punta

di lingua ad amarsi in segreto.

 

Ho stillato ogni lettera del tuo nome

Ho strillato ogni lettera del tuo nome

 

Le parole restano uguali

Ma di te non riemerge che il suono

di quattro vocali.

 

Riccardo Delfino nasce a Roma il 28 settembre 2000. Inizia a scrivere dai suoi 11 anni. Nel 2012 vince il secondo posto al concorso leoni di ferro e il primo premio al concorso città di casoria “Le parole dell’anima”. È un arbitro di calcio e studia  filosofia all’università “La Sapienza” di Roma.