Non è amore. Ma in che misura è mia

colpa il non fare dei miei affetti

Amore? Molta colpa, sia

pure, se potrei d’una pazza purezza,

d’una cieca pietà vivere giorno

per giorno… Dare scandalo di mitezza.

Ma la violenza in cui mi frastorno,

dei sensi, dell’intelletto, da anni,

era la sola strada. Intorno a me

alle origini c’era, degli inganni

istituiti, delle dovute illusioni,

solo la Lingua: che i primi affanni

di un bambino, le preumane passioni,

già impure, non esprimeva. E poi

quando adolescente nella nazione

conobbi altro che non fosse la gioia

del vivere infantile – in una patria

provinciale, ma per me assoluta, eroica

fu l’anarchia. Nella nuova e già grama

borghesia d’una provincia senza purezza,

il primo apparire dell’Europa

fu per me apprendistato all’uso più

puro dell’espressione, che la scarsezza

della fede d’una classe morente

risarcisse con la follia ed i tòpoi

dell’eleganza: fosse l’indecente

chiarezza d’una lingua che evidenzia

la volontà a non essere, incosciente,

e la cosciente volontà a sussistere

nel privilegio e nella libertà

che per Grazia appartengono allo stile.