Il suo modo di scrivere è crudo, reale e poeticamente quotidiano… Nel mondo e nella vita, anche nella peggiore, esiste uno strato di poesia ben compatto, anche se il più delle volte impercettibile… Viaggiando molto, e spesso da solo, ha avuto la possibilità di farsi più idee e di prendere spunto da queste. Di osservare i vari mondi e le diverse abitudini, di parlare con persone che quasi certamente non incontrerà mai più… Ha scritto per decine di riviste di poesia, sia cartacee che online, per lui scrivere poesia è una liberazione obbligatoria. 

In una tua autopresentazione scrivi: “Il mio modo di scrivere è così: crudo, reale e poeticamente quotidiano”. Come ti sei avvicinato alla scrittura ed in particolare alla Poesia?

 
Mi ci sono avvicinato per via trasversale, all’età di tredici anni morì mio fratello in un incidente motociclistico, inutile dire che in un periodo così immaturo della vita non ci si rende conto di quello che sta realmente accadendo, si sente una profonda sofferenza che non ha giustificazioni o risposte , quindi i giorni malinconici erano pervasi dalla necessità di ascoltare musica e di leggere storie di ogni genere. Casa mia essendo una casa con tre figli maschi, era piena zeppa di musica rock e altri generi molto incisivi come il Jazz e cantautori italiani di vario tipo. Per quanto riguarda le mie letture iniziarono frequentando una bibblioteca pubblica munito di un walkman con le musiche che mi accompagnavano nel mio viaggio quotidiano.La musica mi era vicina al cuore e non ricordo bene come, all’età appunto di tredici anni, mi ritrovai a voler scrivere canzoni, che in seguito proposi a vari gruppi di amici che suonavano in garage come spesso accade ovunque. Le canzoni non erano granchè e non riscossero il successo che speravo ma dentro di me sapevo che c’era qualcosa che doveva uscire, naturalmente questa necessità era dovuta allo stato d’animo in cui mi trovavo da mesi, dopo la scomparsa di mio fratello. Insomma la necessità di scrivere è nata come la necessità che si ha di avere un confessionale a portata di mano e così è iniziato tutto. Chiaramente è da questa necessità che negli anni il mio stile ha basato la sua forma sul quotidiano e su ciò che ci è spesso molto scomodo come la solitudine o la mancanza di risposte alla miriade di domande che ritengo essere giusto farci in continuazione per migliorare la nostra condizione umana. Non vorrei essere inserito tra i poeti che “ vogliono fare giustizia “ usando i versi ma in ogni caso la mia poesia non cerca una bellezza utopica ma si basa sulla cronaca del nostro contemporaneo e sulle sfide alle quali siamo costretti a partecipare come concorrenti per vivere e per evitare di sopravvivere e basta. La poesia va servita cruda e per quanto mi riguarda noi siamo crudi e francamente spietati e all’occorrenza siamo in gradi di commettere di tutto come pugnalare alle spalle amici e magari allo stesso tempo ci si finge soccorritori del disgraziato in questione. Le ipocrisie alle quali siamo stati abituati a causa dell’informazione falsata ricevuta per decenni su ogni cosa, dal lavoro ai sogni oppure dal cibo ai farmaci, di questi lati della vita amo parlare nei  miei testi, è la menzogna dei poteri forti che vorrei un giorno smascherare con la poesia, un po’ come altri in periodi storici passati.

Tra le tue poesie mi ha particolarmente colpito “La via del piombo”. I tuoi versi così incisivi, immediati, hanno una forza dirompente: “e un petalo di latta/affilato e sempre caldo/si stringe tra me/e la vita nuda”. Cosa si cela nel corpo di questa poesia?

L’amore e le relazioni vengono incalzate dalla quotidianità come è ovvio che sia ma tutta questa normalità quotidiana non fa altro che accelerare il processo e la conseguente fuga del piacere dalla nostra “ vita nuda “ lasciando l’amaro in bocca che in questo pezzo cerco di far capire dicendo “ entrato senza parlare/ uscito tremando senza voltarsi “. Il piacere è affilato, anche se ha l’aspetto di una bellissima rosa, ed è una calda lama che tagliando cauterizza la ferita che tutti cerchiamo nella nostra vita. Abbiamo bisogno di una ferita da curare.

Cosa significa per te scrivere Poesia? Quali sono i poeti del passato che ritieni validi riferimenti per il tuo percorso letterario?

In realtà la poesia per me è uno stato interiore che può essere triste o allegro, ma rimane per me sempre quel sottile strato che essa possiede e che non può essere spiegato perché è una sensazione che non ha mezze misure e quindi in quanto tale puoi solo sentirla oppure non sentirla, infatti a mio avviso nessuna scuola potrà mai insegnarti a fare poesia perché potenzialmente siamo tutti poeti ma l’orecchio per percepirne lo spessore non si sviluppa in chiunque e ogni tentativo di svilupparlo a forza non porterà mai da nessuna parte. Scrivere è una liberazione. La vastità di poeti e scrittori che ho seguito nella mia vita richiederebbe un’intervista a parte, ma se dovessi restringere il campo direi che ho seguito la strada contaminata dalla musica quindi partendo da Raymond Carver fino ad arrivare a Kerouac, Ginsberg e altri esponenti della beat i quali hanno dato la vera libertà al “ verso “ e senza ombra di dubbio sono il mio riferimento maggiore, anche se come ovvio che sia ora viviamo un epoca diversa e quindi diversi sono gli argomenti che tratto io. Bukowski mi ha dato una forte visione della vita estrema e l’ho vissuto molto dentro di me anche se non approvo tutta la sua non-filosofia, ma grazie a lui ho intrapreso anche un viaggio fino ad arrivare scrittori che seppur non essendo poeti mi hanno insegnato a fare poesia come Hunter Stockton Thompson e David Foster Wallace i quali con la loro filosofia e visione della società mi hanno ispirato molto. Ho letto le traduzioni di grandi musicisti e gruppi musicali perché ho sempre avuto l’esigenza interiore di abbinare le due cose. Non potrei dimenticare però l’importanza che ha avuto per me leggere e studiare a fondo poeti come Quasimodo oppure Gianna Manzini e naturalmente Montale e quindi andando altrove e alle origini, ho perso la vista sui testi di Boudelaire, Rimbaud e Mallarmé. Poi la verità è che ho letto moltissimo I testi delle canzoni di molti musicisti importanti da Jim Morrison al Nick Cave, dai Pink floyd ai Genesis e tutta la vastità di gruppi di rock psicadelico e rock progressive. I testi di De andré fino ad arrivare a Guccini e anche Paolo Conte, mi hanno insegnato molto su ciò che è la poesia oggi secondo me.

Charles Bukowski scrisse: “È lo scrivere che sceglie te, non tu che scegli lo scrivere.” Una tua riflessione.

Io a Bukowski ho sempre dato ragione a metà nella mia vita, su tutto quello che ha detto. Se è vero che è in effetti lo scrivere a sceglierti, come è successo a me da ragazzino in seguito al fatto tragico di mio fratello, è anche vero che poi lo scrivere poesia è pur un “ sentire di pancia “ e come  tutte le pance va nutrito con metodo e buona alimentazione, in questo caso intellettuale. Spendere tempo a scrivere senza spendere tempo a riflettere e a farsi domande porta ad una poesia sterile e qualunque. Quella pancia se non la tratti bene smetterà di risponderti, non basta una vita fatta di esperienze oppure di viaggi e di ispirazioni legate agli incontri che si fanno nel mondo. Quindi si, ti sceglie, ma quando te ne rendi conto devi iniziare a curarlo fino a viziarlo, lo scrivere.

Poesia e social network. Qual è il tuo rapporto con la tecnologia?

Abbastanza buono, ritengo sia il metodo migliore per arrivare ovunque in maniera istantanea e gratuita, ma non dimentico che, è lo stare tra la gente che migliora la qualità della tua diffusione, infatti io ad ogni occasione possibile partecipo a letture, festival e con il Collettivo Culturale al quale sono legato cerco di essere presente ovunque sia richiesta la mia presenza durante le sue numerose iniziative che ogni anno diventano sempre di più e sempre più interessanti.La tecnologia è una  buona occasione ed io la sto sfruttando al massimo per far in modo di avere sempre più contatti con editori, associazioni, musicisti,ma non è tutto, per me il tutto si identifica ancora solo nella carta oppure in un pezzo finito e cantato davanti ai tuoi occhi. Diciamo che la tecnologia la amo a metà.

Oltre ad essere un poeta scrivi canzoni, artisticamente sei molto attivo, tra reading, festival ed eventi culturali. Qual è il tuo concetto di musica in relazione alla poesia?

La parola è un suono ancor prima di essere un concetto su carta, la musica accompagna la poesia in maniera naturale. Sia la canzone che la poesia sono fatte di ritmo e di fiato. Una poesia inoltre come ben si sa è necessario ascoltarla e non solo leggerla, così le sensazioni hanno modo di arrivare dove devono arrivare.Il legame è inscindibile. Io vorrei arrivare a fare ogni mia lettura accompagnato da musica come il free jazz oppure forme sperimentali di musica ellettronica che tramite effetti vanno a rendere la lettura più fruibile per chi l’ascolta, permettendo di entrare nella sensazione stessa che la poesia voleva comunicare, quindi non solo ascoltare ma entrare dentro e vivere per un attimo il concetto. So benissimo che molti poeti preferiscono il silenzio assoluto durante le loro letture ma il mio stile si rafforza con la musica e il risultato ottenuto mi gratifica moltissimo e allo stesso tempo diventa una continua voglia di ricerca e di miglioramento.