• Da dove nasce l’idea di raccogliere in due volumi poesie di poeti marchigiani sia per i natali sia per residenza, rispettivamente in lingua italiana e in dialetto?
Il primo volume dell'antologia "Convivio in versi" curata da Lorenzo Spurio

Il primo volume dell’antologia “Convivio in versi” curata da Lorenzo Spurio

L’idea è nata alcuni anni fa quando, ricercando in biblioteca alcune informazioni su un poeta fermano, mi sono imbattuto nell’antologia di poeti marchigiani curata dal poeta maceratese Guido Garufi pubblicata dai tipi del Lavoro Editoriale di Ancona nel 1998. Oltre a trovare le informazioni del poeta che andavo cercando, sono stato affascinato dal caleidoscopio di esperienze poetiche che avevano contraddistinto la Regione e sono stato incuriosito da numerosi poeti la cui attività culturale era in atto. Tra di essi alcuni li avevo conosciuti di persona, altri li avevo sentiti nominare, altri li avrei conosciuti in seguito ed altri ancora –come sempre accade- non li avevo mai sentiti né li avrei ritrovati nei miei studi successivi. L’antologia di Garufi mi ha in un certo senso dato l’input a questo mio grande lavoro, mi ha fatto, cioè, ragionare su quanto siano importanti operazioni editoriali come queste se ben condotte e iscritte all’interno di un determinato progetto culturale. Nello stesso periodo in cui nasceva l’idea di portare avanti un lavoro in parte analogo in parte innovativo a quello di Garufi (ultima raccolta antologica dei poeti marchigiani seria e puntuale) avevo curato altre antologie poetiche, alcune frutto dei concorsi letterari che mi avevano visto nella Giuria e di altre iniziative, forte della convinzione che le opere collettanee, se ben organizzate attorno a una data realtà, possono essere il genere letterario più interessante e in linea con i tempi poiché permettono la fruizione di una conoscenza ampia e corale, condivisa ed empatica grazie a una compartecipazione convinta degli autori e una polifonia allargata di voci.

 

  • Quale è la motivazione che ti ha spinto a produrre un volume che raccoglie poeti dialettali?

Se ci pensiamo bene il dialetto è la naturale lingua madre di ciascuno di noi, quella che i linguisti definiscono, appunto, L1. Il fatto che molte persone non lo utilizzi non significa che non ne conoscano quello della loro rispettiva area geografica o che non appartengono a una determinata isoglossa. Semplicemente il fatto di non impiegare il dialetto nella lingua di tutti i giorni è dovuto a due ragioni: la prima è che l’impiego del dialetto nella nostra società non faciliterebbe tutti quegli scambi comunicativi tra persone di luoghi e regioni diverse ed il secondo è che l’impiego del dialetto espone il parlante a un giudizio spesso di tipo negativo, pregiudiziale e viziato perché il dialetto è visto come una lingua rozza, troppo colorita tanto da apparire volgare e dunque mostrarsi indelicata e inappropriata in tutti gli usi della lingua che oggi è dato alla lingua nazionale, standardizzata, sebbene alla mercé di una serie di ingerenze dell’inglese. Chi studia la letteratura ed osserva con interesse le variazioni che si producono a livello sociale in un dato arco storico non può fare a meno di considerare anche quel mondo, non standardizzato né ufficiale, rappresentato dalla società subalterna, dal mondo di provincia, dai reconditi luoghi che non rispondono a una centralità e dunque alla cultura popolare, alla dimensione demoetnoantropologica di un popolo. Essendo il dialetto un sistema linguistico-comunicativo, cioè un codice impiegato per veicolare concetti, allora la giusta attenzione va posta nei confronti di tutti quegli esponenti, poeti di natura o vernacolieri, che l’hanno impiegato nel comporre poesia. Non credo, infatti, nella subalternità del dialetto rispetto alla lingua all’interno del discorso poetico. Questo significherebbe non capire la grandezza di geni quali Pasolini, Franco Loi, Franco Scataglini (incluso in antologia, per l’appunto), poeti che hanno arricchito notevolmente le pagine della storia della letteratura italiana. Lingua e dialetto in poesia possono essere impiegati in maniera uguale dal poeta o chi se ne serve per raggiungere un proprio obiettivo ben tenendo presente che il dialetto può prestarsi maggiormente alla trattazione di un mondo andato, di ritualità della provincia o di scene di vita popolare nonché più scanzonate e divertenti fermo restando, però, che il dialetto non è sempre comico o frivolo ma può essere il codice di chi tratta, proprio come chi scrive in lingua, di tematiche più alte e sofisticate, impegnative o che implichino, ad esempio, un monito etico-civile.

 

  • Naturalmente hai dovuto fare una ricerca accurata e ti chiedo in base a quali criteri hai operato una selezione sia per i poeti in lingua che in dialetto?

Data la vastità dell’opera si potrebbe pensare che i tanti poeti siano stati inseriti o, come si dice in gergo antologizzati, sulla base di nessun parametro selettivo. Non è così. Nella nota critica introduttiva al testo, infatti, specifico quale è stato il procedimento adottato per l’individuazione delle voci poetiche da tenere in considerazione per il mio lavoro. Rifuggendo in maniera voluta un approccio ipersofisticato e dunque iperselettivo, volto cioè  a dar voce alle solite e poche espressioni poetiche di cui in molti si sono già occupati, il mio desiderio è stato quello di guardare con interesse al gruppo umano dei poeti della nostra Regione nella loro interezza senza considerare un poeta maggiore all’altro per aver pubblicato nel corso della sua attività più opere o vinto più premi. I due parametri che ho osservato per l’inserzione dei poeti nel testo sono stati: 1)l’essere marchigiano (nativo della nostra Regione o vivere qui da vari anni o, ancora, aver maturato nel corso del tempo un particolare legame d’unione e d’amore con il nostro territorio) e 2) aver pubblicato nel corso della sua attività almeno una silloge, un’opera organica. Questo –come chiarito nella introduzione- non perché chi scrive poesia da decenni e non ha mai pubblicato nulla non sia un poeta, semplicemente ho voluto inserire coloro la cui attività poetica è riscontrabile, documentabile e consultabile attraverso materiale bibliotecario, testi a stampa diffusi da case editrici, pubblicati da tipografie od in proprio, volumi antologici e opere omina commemorative di autori deceduti di cui si è tributato il ricordo.

 

  • Questa Antologia in due volumi, ideata e curata da te, presenta alcune note critiche personali di inquadramento letterario, storico, territoriale e psicologico degli autori?
Lorenzo Spurio, curatore della antologia

Lorenzo Spurio, curatore della antologia

A ciascun autore è stato dedicato lo stesso spazio con la pubblicazione di una nota bio-bibliografica nella quale si dà nozioni in merito alla attività letteraria degli stessi (pubblicazioni di testi di poesia, narrativa, saggistica, collaborazioni a riviste, antologie, associazioni, premi vinti, etc.) e di tre poesie da me scelte (nel caso del dialetto con relativa traduzione in italiano). Ho reputato che non avrebbe avuto grande senso inserire un mio commento critico su ogni autore basandomi sull’analisi delle sole tre poesie scelte e selezionate perché sarebbe stato assai riduttivo e semplicistico dare un commento su pochi testi senza tener conto l’intera opera dell’autore, la complessità della sua figura, le tematiche ricorrenti, la sensibilità, le preferenze stilistiche, etc. Ho voluto che la mia opera parlasse direttamente al lettore mediante le tante voci dei poeti inseriti senza un mio commento critico a corredo per ciascuna esperienza volto a spiegare o approfondire alcuni aspetti delle loro opere. Non ho voluto creare filtri tra i poeti e gli ipotizzabili lettori né dettare in qualche modo le interpretazioni, sviscerare in maniera tecnica e forse asettica i linguaggi e ispezionare i componimenti nella loro creatività e genuinità.

 

  • Il titolo dell’Antologia “Convivio in versi-Mappatura democratica della poesia marchigiana” induce alla riflessione: perché Convivio? Cosa intendi per mappatura democratica?

Con la parola “convivio” ho inteso riferirmi a una sorta di cenacolo allargato, aperto a voci poetiche diverse per periodo storico, estrazione, mestiere e quant’altro. Un momento di convivialità e dunque di partecipazione e condivisione tra tutti coloro che non hanno mancato di dare la loro adesione convinta a questo progetto editoriale. Convivio, dunque, nel senso di incontro e dialogo tra i vari poeti, una sorta di incrocio di esperienze, una stratificazione di percorsi poetici e letterari, dove è possibile indagare l’autenticità di ciascuno pur riscontrando riflessi e rimandi ad epoche, fasi letterarie, modelli di riferimento. Un simposio dove ciascuno ha il suo legittimo turno alla parola, per dire la sua e manifestare la propria presenza. Una contaminazione di forme, stili, codici espressivi che si imbeve in una multiforme varietà di tematiche investigate. Tale “mappatura”, tale analisi sistematica da caratterizzarsi quasi come un vero censimento poetico, è “democratica” nel senso che, come si diceva in una precedente domanda, non sottende a una selezione ipersofisticata frutto di un approccio in qualche modo discriminatorio e viziato. L’idea di questo progetto è proprio quella di aver voluto creare un simposio assai ampio perché variegato nelle forme e nei contenuti e, ancor più, nella diversa popolarità e successo dei vari poeti. A ciascuno di essi è riservato lo stesso spazio in termini di liriche riportate e, allegoricamente, il medesimo tempo di lettura in un ipotetico simposio concreto, un assise di poeti oranti.

 

  • Lorenzo, non solo sei un giovane poeta con riconoscimenti prestigiosi, ma anche affermato critico letterario, per cui domando se secondo te la poesia ha ancora voce e rispondenza nello scenario culturale in cui emergono ignoranza materialismo consumismo, corruzione ecc…  

La domanda è bella ed estesa, addirittura complicata per poter abbozzare in maniera sintetica una risposta. Trovo che oggigiorno la poesia sia diventata il mezzo di comunicazione, nell’arte letteraria, di un grande numero di persone, acculturate o meno, che se ne servono con le più disparate intenzioni o finalità. Chi la impiega per dar sfogo a un universo personale magari difficile o particolarmente incline a una emozionalità da vivere nel privato, chi se ne serve per imprimere momenti con la consapevolezza che col passare del tempo potranno essere eternati. Chi, ancora, la adopera per farne il mezzo per trasmettere un messaggio d’amore, sia esso diretto alla propria donna o intriso di un profondo attaccamento alla Natura o a Dio. C’è un’altra ampia fetta della poesia, quella che ricade all’interno di una categoria che potremmo definire etico-civile, che si pone in maniera molto lucida i quesiti di natura esistenziale quali problematiche o disagi che l’uomo vive in quanto parte di una comunità. Poesie che denunciano uno stato di vergogna o danno sfogo all’odio, che recriminano e misurano lo sdegno dinanzi a calamità o aberrazioni dell’uomo. Trovo che in questa ultima compagine della poesia, nei casi in cui venga fatta con cognizione di causa e l’impegno civile del poeta non si esaurisca sulla carta, sia possibile vedere il vero senso della poesia nella nostra società che, come giustamente osservi, è dominata dal malaffare e da un sentimento d’odio. In via generale la poesia è un procedimento automatico che partendo dall’inconscio permette di far risaltare la complessità umana, essa è una rivelazione che investe prima il sé e poi un ipotetico destinatario. Come osservava Mario Luzi in una intervista, però, il compito del poeta è anche quello di “rivelare le cose che accadono”. Sia i sommovimenti emotivi, ciò che impulsivamente accade nel nostro cerebro e nella sfera dei nostri sentimenti, sia ciò che, spesso più rumorosamente, accade fuori di noi, nella società che ci circonda. Al poeta della contemporaneità non è consentito –secondo il mio punto di vista- cantare o struggersi per i propri drammi personali percependosi come una monade, ma il pensiero della sua esistenza può avvenire solamente in concomitanza a un interesse di carattere sociale. Il poeta, da cantore di un umano sentire, pur con i soli mezzi della creatività e dell’evocazione, è in grado (e deve esserlo) di fare della quotidianità concreta e del sentimento sociale un punto di partenza. Se la poesia non serve a risolvere problemi o a sanare conflitti, la parola –che è arma suprema dei deboli- è l’unico ingrediente che possa avvicinare persone. Alla poesia deve esser riconosciuto allora la potenzialità di far conoscere genti e, immancabilmente, comprendere meglio se stessi.

 

 

Ti ringrazio e mi complimento per l’impegno di contributo culturale onorando così non solo la regione Marche, poco conosciuta, ma anche il poeta e la poesia che fa di questa terra l’orgoglio dell’Italia.

Laura Margherita Volante

(corrispondente Regione Marche per Odissea)  

 

Intervista pubblicata sulla rivista “Odissea” – sezione Officina nel Marzo 2016.

 

PROSSIMO APPUNTAMENTO DI PRESENTAZIONE DELL’OPERA:

Domenica 3 Aprile ore 18:00

Sala della Poesia di Palazzo Bice Piacentini

San Benedetto del Tronto (AP)

Conduce: Stefania Pasquali – Interviene: Susanna Polimanti

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