INTERVISTA A GIOVANNA FILECCIA

A CURA DI LORENZO SPURIO  

 

Essendo la creatrice della “poesia sculturata” è evidente che tu creda nelle ibridazioni artistiche, vale a dire nella potenzialità – recepita principalmente dall’uomo contemporaneo – di ottenere opere pluristratificate e veicolare messaggi non tanto mediante la sovrapposizione di materiali e generi diversi ma dalla loro comune influenza e amalgama. Puoi parlarci di questo aspetto? Come individuare l’equilibrio tra parola e materia?

Lorenzo, la tua domanda mi riporta al periodo a cavallo tra la fine del 2013 aprile 2014 quando ho allestito una mostra personale dal titolo ?EQUI – LI – BRIO?, un titolo con ben due punti interrogativi (il primo tra l’altro è sottosopra) che in locandina ritraeva la Poesia Sculturata Metafore, un titolo che conteneva già da allora buona parte del mio pensiero.

Non è facile individuare l’equilibrio tra parola e materia, io ci provo danzando un valzer tra la mia mente e le mie mani. Tra i miei sentimenti e il mio osservare, tra l’immaginare e il creare. Nel rappresentare l’idea metto in campo una resilienza artistica che travalica il momento e si spinge oltre, va verso il concepire un’ideale di poesia che abbia lei stessa una sua forma. È necessariamente una forma che mi appartiene in una serie di strati che tras-porto all’esterno. Gli strati si sovrappongono in un ordine apparente e intercambiabile: ora parola ora materia, ora scultura ora poesia. Eppure in questo sovrapporre di materie e sillabe ci sono delle costanti che circolari si muovono in sincrono e anelano all’equilibrio. Per arrivare all’agognata meta il percorso inizia dal caos e, nel suo procedere circolare attorno a un perno, abbisogna di ricerca e costruzione: ed ecco che i quattro elementi si muovono contemporaneamente, insieme al percorso che l’uomo fa. Tale “movimento” l’ho rappresentato nell’opera di Poesia Sculturata “Sillabe nel Vento, la Montagna del Caos e dell’Equilibrio”.

Sì, in quanto persona contemporanea e donna creativa, credo nelle ibridazioni artistiche, ritengo che la contaminazione permetta di mischiare, amalgamare, il vecchio con il nuovo, lo sconosciuto con il conosciuto e fare in modo che poli opposti si avvicinino in una forma che è solo esteriorità poiché è ciò che è dentro le cose a essere importante. La pluristratificazione è, in questo caso, sia ideale che materiale: sillabe che si intrecciano e elementi materici che si amalgamano. Il messaggio che nasce ha anch’esso più strati, tra cui: il nostro pianeta ha bisogno di rispetto e di cura; quando nel 2018 ho presentato “Marhanima” all’Arsenale della Marina Regia ho affidato la lettura delle prime strofe a nove donne, per rafforzare il messaggio che volevo mandare: donne messaggere di un utero che contiene e protegge.

 

IMG-20210127-WA0034

Con le tue istallazioni hai evidenziato che la “rappresentazione materica” del componimento poetico, la sua estensione plastica, non è semplicemente un “calco” del testo, una teatralizzazione e cosificazione del verso, quanto, invece, essa abbia una valenza spesso simbolica, allegorica, metaforica (penso alla sedia “Imperia”). Credi plausibile queste considerazioni oppure no?

Sì, le credo plausibili. Come accennavo prima, l’opera tridimensionale, la scultura per intenderci, nel momento stesso in cui da idea diventa rappresentazione dell’idea, si stacca da me, esiste a prescindere, eppure, per essere concepita ha bisogno che io le dia un sostegno un humus che è la poesia, le parole, i versi. Fin da ragazzina ho immaginato che una spirale si inabissi nelle viscere della terra e si innalzi oltre il cielo. E io sto lì, tra i tornanti della spirale e respiro, annaspo, viaggio, mi interro, mi innalzo. La spirale è metafora della mia visione delle cose. Nella Poesia Sculturata “Imperia”, che tu citi, la spirale che ripercorre tutta la sedia rappresenta il respiro della terra. Eppure l’opera non è la sedia, ma ciò che essa contiene. La poesia “Imperia” recita: “Amo il respiro della terra / che a ogni alba si innalza / imperioso / desioso / a ricevere un tenero bacio dal sole”. Il respiro nasce dalla terra o dal cielo? La cosa certa è che esso non si ferma e continua il suo infinito andare a braccetto con il tempo.

Per rispondere alla prima parte della tua domanda penso che se dovessi trovare simbologia in questa mia arte, la ritroverei nel mio stare nel Tutto che mi attornia, sentimenti ed emozioni comprese. Ogni cosa esiste se ne conosciamo l’esistenza. La cosificazione dell’oggetto creato è necessaria e primaria, non potrebbe esistere altro modo che rendere materia la poesia senza l’oggettivazione della stessa. Tuttavia l’opera tridimensionale che nasce è sì oggetto ma anche simbolo di un concetto che sta alla base del processo di creazione. In parole povere dietro ogni opera c’è la spontaneità dell’idea che lascio fluire libera e solo se qualcuno mi chiede spiegazioni cerco di rintracciare i vari perché e percome.

La Poesia Sculturata credo sia un’allegoria vera e propria poiché nasce dall’astratto per divenire concreta; per via di un processo di astrazione viene espulsa dal pensiero e assume forma solo perché ne sono capace, nel senso che so utilizzare le mani. Vi è una congiunzione tra il pensiero e le mani le quali elaborano perfettamente l’idea. Devo ringraziare la manualità che mi ritrovo, è grazie alla mia fabbrilità creativa se posso spaziare nel fare, nel costruire e non solo nell’arte ma anche nell’artigianato.

Eppure dall’allegoria all’alienazione il passo è breve: nel momento stesso in cui l’opera da idea diventa reale, si stacca da me, si stacca perfino dalla poesia stessa, e io la guardo, la osservo, è di fronte a me. Essa si lascia guardare e, in questo suo dire, mi narra di poesia e materia. Mi rendo conto che è un controsenso: nel crearla io mi sono ritrovata intera, eppure ora essa si emancipa da me, mi lascia, mi abbandona. Ma a me non importa poiché una volta creata essa esiste, le ho dato vita e lei, di rimando, brilla di luce propria.

 

Il procedimento che porta allo sviluppo e alla realizzazione di una “poesia sculturata” è – se ho ben compreso – quello di partire dal testo poetico per poi pensare alla sua realizzazione concreta nello spazio, la sua “forma unica della continuità nello spazio” per dirla alla Boccioni. È mai accaduto (e se no, perché?) il procedimento contrario: partire da una composizione, un assemblaggio di materiali, un’idea d’istallazione per giungere al testo poetico?

Lorenzo, nel procedimento a cui tu fai riferimento una parte fondamentale ce l’ha l’esigenza tutta mia di voler rendere la poesia libera e tridimensionale. Il mio creare poesia unita alla materia non nasce da un giorno all’altro ma esisteva già nei miei disegni di bambina. La poesia mi ha dato la possibilità di dare forma alle immagini create dalla mia fantasia. Quando nel 2013 allestii la mia prima mostra itinerante la dott.ssa Vitale nell’osservare l’allestimento definì le opere “mandala”; altri, negli mesi successivi, le chiamarono istallazioni, altri poesia visiva e altri semplicemente opere. Ma lo storico e studioso Pippo Oddo nella sua prefazione al mio secondo libro, – quasi un mini saggio di parecchie pagine -, mise in chiaro, fin dal titolo Giovanna Fileccia e la poesia sculturata come ricerca e tessitura del destino umano”, che esse avevano una loro identità ben precisa non rintracciabile in nessun panorama artistico e poetico da lui conosciuto. Egli notò come il presepe che avevo realizzato nel 2009 insieme a mio marito Alessandro, contenesse tutti gli elementi che poi avrei riproposto in futuro. Pippo vide dall’esterno ciò che io non riuscivo a vedere dal mio interno. Fu lui che mi suggerì di battezzarle “opere tridimensionali di Poesia Sculturata” ritenendo che il mio fosse “un nuovo, gioioso parto della fantasia creativa e marca di riconoscimento (come la Z di Zorro)”.

Lorenzo, ho anticipato con questa premessa la mia risposta alla tua domanda per chiarire un passaggio fondamentale: io non penso all’opera da creare, non nel senso di pensare di realizzare e dare forma a questa o quell’altra poesia. La scultura si materializza nella mia mente in un istante, si presenta a me in un baleno e, in quel baleno, la vedo già realizzata. Il mio pensare è in relazione a come fare per darle consistenza, renderla reale e immetterla in uno spazio che prima non occupava.

Detto ciò mi catapulto nel mondo futurista di Boccioni, scultore e pittore che apprezzo per il suo saper vedere e rappresentare il movimento in funzione dell’idea di spazio. La continuità dello spazio a cui egli fa riferimento è, secondo me, la fluidificazione stessa dell’idea che diviene opera, scultura. Non so se il processo creativo di Umberto Boccioni si possa affiancare o paragonare al mio, sta di fatto che io parto dalla poesia, è lei che mi dice, mi sussurra, mi invita affinché evolva in materia.

La risposta alla tua domanda è sì, ho attuato, fino a ora una sola volta, il procedimento contrario che dalla materia mi ha portato alla poesia e il risultato è il mio terzo libro “Marhanima”, un poema in perenne moto di circa seicento versi dedicati al mare e agli uomini del passato, del presente e del futuro. Marhanima è nato dalla raccolta di manciate di sabbia, sabbia che poi ho utilizzato in ogni scultura, ecco perché ho scelto di intervallare le ventidue strofe con le opere tridimensionali di Poesia Sculturata realizzate fino al 2017, anno i cui Ed. Simposium ha pubblicato il libro che, tra gli altri, contiene la prefazione del compianto Soprintendente del Mare e Assessore Sebastiano Tusa.

 

La “poesia sculturata” proponendo una duplicità d’impostazioni e di sguardi, quello dell’evocazione del verso e della letteralità dei contenuti da una parte e quello della rappresentazione figurativa dell’arte e delle sue suggestioni estetiche dall’altro, credo possa risultare un buon mezzo per avvicinare i giovani e giovanissimi allo sviluppo della creatività. Che cosa ne pensi di questo? Hai avuto occasioni di portare le tue opere in contesti scolastici, spiegarle, farle conoscere? Quale è stata la ricezione da parte dei ragazzi?

Una delle maggiori soddisfazioni che ho avuto in questi anni è rappresentata dall’entusiasmo che i giovani dimostrano nell’accogliere la Poesia Sculturata. Fin dai primi acerbi allestimenti personali i più curiosi e interessati si sono rivelati proprio i giovani e i bambini che hanno visitato le mie mostre con gli insegnanti: ho pagine piene di commenti di scolaresche da ogni parte d’Italia che testimoniano quanto le novità li affascinino. I giovani e giovanissimi hanno necessità di uscire dagli schemi, sviluppare il pensiero divergente che li porterà alla creatività. Ma cosa è la creatività? e come si sviluppa? Non certo con uno o due incontri con un’artista. A me piacerebbe avere la possibilità di incontrare più volte gli studenti, non si può neanche lontanamente pensare che uno o due incontri con me possano generare chissà cosa. I ragazzi sono affamati di novità in campo culturale, ma non solo: hanno necessità di trovare nuovi modi che li avvicinino alla poesia, all’arte, e, proprio per la duplicità che tu, Lorenzo, menzioni nella domanda, la mia espressività possiede quel non so cosa che li catapulta in un mondo di-verso.

In questi anni all’interno di associazioni culturali e polifunzionali ho ideato e condotto laboratori artistici sui mandala, sulle fiabe, sui libri d’artista, sulla Poesia Sculturata stessa, e sugli Oggetti Pensanti. Sono anche stata invitata durante convegni dedicati all’infanzia per parlare della resilienza nell’arte, tema difficile ma che è quantomeno attuale, e durante l’Earth Day sono intervenuta in vari contesti zeppi di adulti durante i quali ho illustrato le mie opere esposte e raccontato ai presenti “la circolarità del mio creare nel rispetto dell’ambiente”.

In qualunque luogo o realtà io mi trovi, durante i miei interventi cambia solo l’approccio e il linguaggio che utilizzo a seconda del pubblico che ho di fronte, ma la sostanza di ciò che dico resta invariata.

Sinceramente non so in che misura la mia divergenza sia accolta dagli altri. Molti ne prendono le distanze, altri invece affermano che possiedo una coerenza fluida e circolare. Ciò che so, perché l’ho imparato sulla mia pelle, è che la creatività è qualcosa di astratto che risiede dentro noi stessi. È un estro che vuole essere estratto, svegliato, acciuffato. Nel mio testo teatrale inedito “l’estro creativo” è il coprotagonista, è lui che racconta il meccanismo con il quale si sviluppa e lo racconta dall’antro del corpo in cui risiede. Le mie poesie “Germe solitario” e “Delirio” parlano anch’esse della creatività, una compagna che non fa sentire mai soli.

Lorenzo, ti ringrazio per le domande e per l’attenzione. Fin dalla prima volta che mi hai scritto ho notato in te una curiosità che mi ha incuriosita e che ho apprezzato. Nel salutarti azzardo un desiderio: in futuro spero di arrivare a più giovani che posso, scuole, case, università, associazioni, eccetera. I giovani hanno bisogno di noi adulti per sviluppare la divergenza, il pensare alternativo, il fare creativo, hanno bisogno di costanza e di coerenza. Ma, mi chiedo e ti chiedo, in fin dei conti, non ne abbiamo bisogno tutti?

 

Febbraio 2021

 

 

 

Opera tridimensionale di Poesia Sculturata “Sillabe nel Vento la Montagna del Caos e dell’Equilibrio”, tratta dall’omonima poesia che dà il titolo al libro pubblicato nel 2012. La riportiamo, dietro gentile concessione dell’autrice, insieme al testo della poesia e alcune foto che ritraggono la scultura in oggetto.

 

Sillabe nel vento

Di GIOVANNA FILECCIA

 

Vorrei scrivere una poesia senza parole

le cui sillabe si disperdano nel vento

vorrei che volasse con la forza del pensiero

e che arrivasse direttamente nel caos delle menti.

 

Vorrei scrivere una poesia senza parole

che racchiuda tutto il sapere dell’ universo

abbia memoria di ciò che ancora è da venire

viva di vita propria senza alcunché da celare.

 

Vorrei scrivere una poesia senza parole

dove il vero e il falso siano ognuno al proprio posto

l’uomo possa comprendere il giusto percorso

anche senza vocaboli possa esprimere il suo intelletto.

 

Vorrei scrivere una poesia senza parole

dove al posto di parole ci siano silenzi

dove al posto di silenzi ci siano emozioni

dove le emozioni possano sfociare in sagge riflessioni.

 

Vorrei scrivere una poesia senza parole

una poesia che nella sua coerenza

sia totalmente sconclusionata

perché ognuno possa prendere ciò che gli serve

per far luce nel caos della sua mente.

 

FB_IMG_1611230902093

 

 

Particolare dell’opera “Onda”, sino ad ora mai esposta, tratta dalla seconda strofa del poema Marhanima, testo poetico e opere tridimensionali di Poesia Sculturata (2017)

 

*

 

Adagiata su tiepidi sassi tondeggianti, e accoccolata con le spalle al sole, sento che

L’orizzonte vibra

al ritmo incalzante

di un’avida onda che

si allontana

compone pensieri e

torna a baciare la riva;

il pensiero fluisce al cuore

che il merletto increspato

gelosamente occulta;

l’onda risuona: il canto

si insinua nei frastagli e

vìola grotte vergini;

schiaffeggia baie invase

da cubi di cemento;

lambisce fianchi sinuosi

che si offrono sfacciati a

coste scoscese

che anelano pace.

L’acqua del mare:

testimone di memorie,

culla del tempo che

porta al mio orecchio

il battito del mondo.

Il respiro dell’onda

narra la danza tra

gli uomini e il mare

mentre il cielo, dal

templum infinitum, osserva

il marinaio che,

pur contemplando l’infinito,

vive di quisquilie e dorme.

 

IMG-20190622-WA0010

IMG-20190622-WA0014